sabato 27 novembre 2021
Enrico Vanzina - Tutti i Colori del Giallo
giovedì 25 novembre 2021
Alessandro Gassmann - Castellinaria 2021
domenica 21 novembre 2021
Milena Vukotic - Castellinaria 2021
mercoledì 3 novembre 2021
Christian Draghi - Quelli Furbi
Il cantautore pavese Christian Draghi torna in pista e lancia il nuovo singolo “Quelli Furbi”, titolo ironico dietro cui si celano i piccoli artisti indipendenti messi alle strette dalla pandemia. Reduce da un anno e mezzo trascorso in Germania e segnato dalla pandemia, Draghi torna in Italia con un mazzo di canzoni concepite come valvola di sfogo durante i mesi di lockdown e per la prima volta in carriera lascia da parte la lingua inglese che aveva caratterizzato le precedenti produzioni.
«Vivere in un paese straniero significa innanzitutto spogliarsi della sicurezza di poter essere capito e di capire il prossimo» spiega il musicista originario di Voghera. «Possiamo dire che in Germania ho imparato a riscoprire l’importanza del linguaggio e la bellezza del comprendere tutto quello che viene detto o scritto intorno a noi, che diamo per scontata quando viviamo nel nostro paese. Ho scritto la canzone nella mia lingua madre per essere capito in modo diretto e completo dal mio pubblico che è, per la maggior parte, italiano».
Ma chi sono “quelli furbi”? «Tutti quegli artisti indipendenti semisconosciuti - spiega Draghi - che, contrariamente ad ogni logica o buonsenso hanno scelto, nonostante il momento disgraziato, di non mollare e di continuare a credere nei loro sogni e a investire sull’arte anziché mettere la testa a posto e cercarsi un lavoro più sicuro. Di questi tempi, una scelta kamikaze».
Il brano, concepito in Germania ma registrato in Italia, fotografa uno spaccato della situazione attuale degli artisti che lottano come novelli Don Chisciotte per la loro sopravvivenza in un mondo che li ha di fatto incasellati – al di là delle commiserazioni politically correct - tra i “non indispensabili”».
La canzone sarà accompagnata da un video totalmente made in Pavia: è pavese la regia, curata da Lucia Magarò e Gabriele Zanoncelli ed è pavese il cast, interamente composto da musicisti, fotografi, registi, ballerini, pittori e scrittori. «Una folta schiera di splendidi disperati» come li definisce Draghi, tutti ripresi, provocatoriamente, con indosso un naso rosso da clown. Il protagonista è un supereroe-artista che cerca di destreggiarsi tra varie performance rese improbabili dalle circostanze e che si tiene su come può, tra alcool e svariate pillole di coraggio, autostima e “like”.
“Quelli Furbi” uscirà il primo novembre (festa dei Santi, scelta non casuale ed anch’essa provocatoria) su Spotify «e tutte quelle piattaforme digitali - dice Draghi - che ci hanno ridotto a (povere) gocce nel mare senza troppe speranze, ma senza le quali pare che oggigiorno non si possa sopravvivere artisticamente».
venerdì 15 ottobre 2021
Giulio Locatelli - Galleria Ghiggini 1822
Intervista al giovane e talentuoso Giulio Locatelli. L’artista bergamasco in occasione della sua installazione presso la galleria Ghiggini 1822 ha risposto a qualche domanda:
HM: Parlaci un po’ dell'installazione “Fondamenta” realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 di Varese
GL: Fondamenta, un’installazione realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 in occasione della Varese Design Week, si pone l’obiettivo di condurre lo spettatore a perdersi e ritrovarsi quasi fosse all’interno di un labirinto.
Gli elementi costitutivi dell’opera sono appunti, antologie di fatti, raccolte di storie, di favole, di fiabe, di avventure accumulate, che ci conducono all’interno di un viaggio
sognato, desiderato all’interno delle fondamenta di una città ideale.
Un viaggio senza meta, con lo sguardo rivolto all’orizzonte distorto e frammentato da una
serie di puntelli che per proprietà ci invitano in un ambiente in costruzione, forse
pericolante.
Una sorta di cantiere, che altro non è che la traduzione visiva di un’idea in fase di
concretizzazione.
Così come per Teseo il filo di Arianna è divenuto strumento per segnare la strada percorsa
nel labirinto, i fili presenti in Fondamenta diventano strumenti salvifici per ripercorrere il
proprio vissuto, le proprie strade e trovarne così di nuove e, chissà, riuscire così ad uscire
dal labirinto delle Fondamenta.
HM: Il filo è il mezzo espressivo che prediligi, quali sono le caratteristiche che più apprezzi e
quando hai iniziato ad usarlo?
GL: La carta ed il filo sono strumenti materiali che mi aiutano a concretizzare le idee della
mente, che altrimenti prenderebbero freddo.
Il filo ho iniziato a conoscerlo durante il mio percorso accademico. Vengo da una formazione scientifica, pertanto, tutti gli strumenti tecnici del campo artistico erano a me nuovi.
A seguito di un primo approccio importante con la carta fatta a mano, mi sono domandato
cosa sarebbe successo se io avessi iniziato a cucire la mia carta.
Così è iniziato il mio rapporto amoroso con il filo.
In Fondamenta filo e carta danno forma ad una riflessione in merito all’accumulo.
Tale ragionamento ha preso vita a partire dal termine giapponese “tsundoku”, il quale
indica l’abitudine di acquistare libri e di lasciarli sullo scaffale senza mai leggerli, situazione
che spesso ci si trova a vivere.
HM: Da cosa o da chi trai ispirazione?
GL: Non ho un unico riferimento nella mia ricerca, attingo dalle più disparate suggestioni.
Credo che sia una questione di saper cogliere, quasi per caso, come fosse un inciampo,
quell’elemento che ti può smuovere determinati pensieri che concretizzi attraverso il lavoro
artistico.
Attingo da racconti, film, storie passate, artisti che hanno analizzato determinate tematiche,
gli spunti sono molti e forse infiniti, dopo di che si tratta di saper far proprio il lavoro,
attraverso la propria esperienza, conoscenza e vissuto.
HM: Quali saranno i tuoi prossimi progetti?
GL: Parte della mia ricerca artistica pone l’occhio anche sulla tessitura, realizzo FLYING
CARPET, dei veri e propri tappeti volanti, progetti che vedono la partecipazione di più
persone, d’altra parte, i fili, i nodi, i grovigli che compongono i tappeti diventano metafora
delle relazioni instaurate con altri.
Nei mesi appena trascorsi ho avuto la suggestione di far galleggiare sull’acqua un mio
tappeto. Sto realizzando il progetto, dai materiali alla scelta del luogo.
In parallelo sto collaborando con Supestudiolo, curato da Alberto Ceresoli e Carmela Cosco,
alla realizzazione di una mostra nei mesi a venire.
giovedì 7 ottobre 2021
Luca Gilli - Il bianco come vuoto generatore
Una interessante intervista al fotografo Luca Gilli.
HM: Da zoologo a fotografo, come e quando nasce la tua passione per la fotografia?
LG: Mi sono avvicinato alla fotografia con metodo e progettualità sul finire degli anni ‘80 come pratica di supporto alle ricerche scientifiche che conducevo in natura e in laboratorio. A quell’epoca mi occupavo di ecologia e zoologia all’Università di Parma e le fotografie, se fatte bene, erano uno strumento quanto mai utile. Per essere più precisi, le mie prime serie di scatti risalgono al 1988 e riguardano una piccola area naturalistica che oggi si chiama Riserva Naturale Orientata Fontanili di Corte Valle Re, su cui avevo iniziato una ricerca riguardo al prezioso patrimonio zoologico di questo fragile ambiente residuale di pianura nel comune di Campegine (RE). A posteriori mi sembra di poter dire che questo mio periodo quasi esclusivamente “scientifico /naturalistico” sia stato una valida scuola, un’importante fase di affinamento della mia sensibilità visiva e, soprattutto, di miglioramento tecnico, un perfezionamento tecnico fondato sulla “precisione”.
HM: Il bianco è uno dei protagonisti della tua fotografia, cosa rappresenta per te?
LG: Il bianco è tabula rasa, è vuoto generatore, è, per così dire, spazio di ricomposizione tra l’essere e la memoria, penso ad esempio allo yohaku di Lee Ufan, ai White Painting di Robert Rauschenberg, che John Cage definì in modo perfetto come “schermi ipersensibili”, e, ancora, ai dipinti di Robert Ryman. Il bianco è anche luce, che è madre in fotografia. E la luce, per sua stessa natura, è mutevole e ambigua come la vita, è vita, è conoscenza, è rivelazione, è il tramite principale delle nostre interazioni con il mondo. Far luce significa anche avere il coraggio di vedere, di entrare in relazione, di mettere e mettersi in discussione, insomma, avere il coraggio di esporsi, di penetrare sempre un po’ più avanti nell’animo umano, nei luoghi e nelle situazioni; significa essere predisposti a lasciarsi sorprendere, a sporgersi oltre la soglia della propria consuetudine, a perdersi nell’alterità e nelle sue relazioni con noi stessi. Credo che per molti aspetti la luce possa essere addirittura più misteriosa e profonda del buio poiché rivela e nel rivelare può restituire parte dei loro misteri alle cose e ai luoghi, può risvegliare in noi quella trascendenza che ci caratterizza e che purtroppo oggi mi sembra abbastanza sopita e mortificata. È fin troppo facile aggiungere che la luce comprende anche l’ombra, ne è all’origine. Come ha scritto Luca Doninelli nel bellissimo recente testo, ancora inedito, dedicato al mio nuovo progetto “Incognita” che esporrò in anteprima dal 7-10 ottobre al MIA (Milan Image Art Fair) di Milano, “l'ombra (del destino, della morte, del nulla oppure di Dio) non è quella che cade sotto l'obiettivo ma quella che l'artista trattiene nel silenzio, mentre meticolosamente ordina i suoi oggetti, i suoi spazi per poi ritrarli con umile fedeltà.”
Per me il bianco è anche strettamente legato al mistero del vuoto e della leggerezza, aspetti/fenomeni che sono in qualche modo altri ingredienti fondamentali della mia fotografia. Come ho già detto in diverse altre occasioni, quella che pratico fotograficamente, o che credo di praticare, si manifesta come una sorta di rarefazione onirica, come una specie di trasfigurazione “precisa” (anche se può sembrare una contraddizione in termini) che parte esattamente da quella che chiamiamo realtà, senza sapere bene di cosa stiamo parlando, e rispettandola la prende per mano per quello che è per accompagnarla lentamente nel territorio del limite, di possibilità altre.
Spesso immagino di essere immerso in una specie di densa atmosfera ossidativa che fa lievitare i miei soggetti e sospende ogni “giudizio” come continua ricerca di libertà e di quell’insondabile che abita luoghi, cose e persone.
Tra l’altro, in questo ormai piuttosto lungo cammino mi accompagnano fin dagli inizi, come una specie di mantra, alcune celebri frasi fondamentali, almeno per me, di grandi autori, come ad esempio quella di Italo Calvino, tratta delle Lezioni americane, che dice “La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso”.
HM: Da cosa trai ispirazione?
LG: L’ispirazione e le sue fonti restano un bel mistero. Come dico sempre ogni progetto, ogni fotografia è la sintesi di tanti aspetti: progettuali, tecnici e culturali, reali e irreali, personali e ambientali, consci e inconsci, razionali ed emozionali, gestibili e ingestibili. Un bel guazzabuglio di fattori che, di volta in volta, agiscono e reagiscono tra loro per poi condensare nelle immagini. Oltre alla progettualità e allo studio, sempre fondamentali nella mia pratica fotografica, probabilmente quello che mi continua a muovere, lo ripeto spesso, è anche la ricerca, quasi certamente utopica, di quell’energia ultrasottile che, assimilati studio e consuetudine, concetti e significati, si libera quando un qualcosa tocca un suo punto estremo e lì abbandona tutto per essere soltanto quello che è. Voglio credere che da lì, oltre quella soglia, ci si possa incamminare verso nuovi orizzonti, nuove possibilità, nuove prospettive. Così come credo che i particolari, di cui sono fatte la realtà e la nostra vita, contengano sempre l’universale se li s’interroga con onestà intellettuale e li si apre al mondo.
Le mie ricerche fotografiche sono comunque anche delle avventure gratificanti, delle intense, almeno per me, esplorazioni interiori ed esteriori. Non di rado vado dove mi porta la vita con le sue circostanze e i suoi incontri più o meno casuali. A volte i progetti prendono spunto da committenze. Comunque sia, la mia attenzione è rivolta principalmente all’ordinario più che allo straordinario, seppur con delle evidenti eccezioni. Siamo fatti così, dove non c’è un po’ di contraddizione non credo ci sia vita vera ! Fortunatamente esiste sempre uno scarto fertile e spesso imprevedibile tra l’idea, il progetto, e la sua realizzazione.
Per finire, aggiungo che nel mio agire fotografico c’è anche un intento per così dire ecologico, di resistenza attiva all’indifferenza e all’omologazione, alla globalizzazione del pensiero e della visione, un bisogno profondo di prendersi cura dello sguardo e della realtà che ci circonda per accogliere e custodire l’intensità e la memoria delle esperienze, delle relazioni e della bellezza in ogni sua più piccola declinazione. E’ urgente riscoprire una tensione etica, ancor prima che estetica, verso la sostenibilità della semplicità, verso l’importanza del segno meno, senza peraltro mortificare e appiattire la forma in modo solo pretestuoso e manieristico. Probabilmente è in questa direzione che si possono anche mobilitare alcune di quelle risorse individuali e collettive che, a mio parere, rappresentano un primo necessario presupposto per iniziare a dipanare l’aggrovigliata matassa di quella complessità traboccante di eccessi, contraddizioni, problemi e ingiustizie in cui ci troviamo immersi e che ci affligge.
HM: Cosa vorresti riuscire a trasmettere a chi guarda le tue fotografie?
LG: Almeno in parte credo di aver già risposto a questa tua domanda. In ogni caso, posso aggiungere che quando penso alle mie foto le immagino come semplici inneschi per accompagnare me stesso e chi osserva appena oltre la soglia degli schemi precostituiti spostando l’attenzione e il pensiero dalle cose alle relazioni tra le cose, così da portare a considerare oggetti, spazi e momenti come nodi di fenomeni. Tutto ciò proprio a partire dalla loro immobile presenza. Per loro stessa natura e specificità le fotografie sono infatti delle “grandi” pause e ci aiutano a fare pausa. Pause che, appunto, possono contenere e generare fertili movimenti del pensiero e delle emozioni, che possono andare oltre il loro corpo finito per aprire visioni e riflessioni sui processi che le hanno generate e su di noi che le guardiamo. Pause, talvolta sfuggenti e imprendibili, che per essere avvicinate, accolte, richiedono comunque tempo, pazienza e intimità, che hanno bisogno di cura e di una reale predisposizione all’ascolto, al mettersi in gioco senza fretta, al lasciarsi coinvolgere. Un esercizio fondamentale da ripetere spesso, e lo dico prima di tutto per me stesso, visto che purtroppo stiamo diventando sempre più allergici a tutto ciò che richiede più tempo, attenzione e impegno dei pochi secondi tra due clic sul mouse.
Qualcuno, se ricordo bene Gilles Deleuze, ha detto che il problema non è di trovare un modo perché la gente si esprima: lo fa fin troppo. Si tratta piuttosto di procurare loro degli interstizi di solitudine e silenzio in cui possano trovare finalmente qualcosa di vero da dire. Ecco vorrei che la mia pratica fotografica e le foto che ne derivano avessero qualcosa in comune con questo tipo d’interstizi e di verità, anzitutto per me stesso e poi per gli altri. Ben consapevole che fotografo non solo con gli occhi, ma con tutto il corpo, dalla testa ai piedi, per riprendere quello che Lea Vergine diceva della scrittura, e ben consapevole, come ha detto qualcun altro, che nella fotografia, come nel teatro, tutto è finto, ma niente è falso.
domenica 3 ottobre 2021
Federico Scarioni - Assessorato all'Estetica
Da un'idea dello scrittore Federico Scarioni, qui di seguito il Documento Programmatico:
L’Assessorato all’Estetica, nell’ordinamento amministrativo dei Comuni d’Italia, si pone come un
“Assessorato istituzionale”, pertanto indipendente nella sua azione politico – istituzionale, non
dipendente da alcuno schieramento politico. Per affermare la sua natura indipendente, l’Assessorato
all’Estetica nasce solo su nomina Sindacale, non ha compenso e ha una durata inferiore al mandato
amministrativo della giunta insediata.
Gli ambiti di azione politico-istituzionale dell’Assessorato all’Estetica sono quelli del “federalismo
paesaggistico”, del rispetto delle caratteristiche autoctone dei luoghi, della gestione consapevole
del territorio inteso come dimensione spaziale e temporale dove coesistono uomo, ambiente, altri
animali e più in generale energia condivisa. Rivoluzionario nel pensiero, ma conservatore
nell’anima, progressista nelle idee ma tradizionalista nella pratica, l’Assessorato all’Estetica mira a
stravolgere il pensiero politico e burocratico odierno in materia urbanistica e culturale, ponendo
tuttavia le basi sul miglior esistente.
L’Assessorato all’Estetica è un assessorato aggiuntivo, nuovo, che deve porsi come tramite tra le
scelte degli Assessorati all’Urbanistica ed Edilizia Privata, aprendo il confronto di essi con
l’Assessorato alla Cultura. Le decisioni in termini urbanistici, debbono passare dunque da un
aperto confronto con la dimensione culturale riconosciuta. Gli scriventi e i firmatari sono infatti
convinti che una corretta gestione urbanistica dei Comuni Italiani non possa precludere il confronto
con il pensiero, con le riflessioni e con la letteratura degli ambiti culturali, storici e artistici.
L’Assessorato all’Estetica nasce come antidoto o vaccino contro il virus dell’analfabetismo
culturale che è terreno di coltura della bruttura e della barbarie che ammorbano il nostro Paese
Italia, disseminato di bellezza ma corrotto da scelte spesso in completa asincronia con il pensiero,
la cultura, il gusto e la storia d’Italia.
L’Assessorato all’Estetica opera esclusivamente per gli obiettivi definiti dal documento
programmatico, rivendicando tuttavia la sua autonomia nell’applicazione a seconda del contesto
specifico, contribuendo dunque a sviluppare il presente documento di programma, documento
aperto, che potrà subire modifiche nel tempo.
Alcuni ambiti pratici di intervento istituzionale che vengono esemplificati sono:
Creazione armonico visiva delle aree cromatiche del paese a seconda della loro
collocazione geografica e delle loro caratteristiche spazio/temporali.
Definizione di un piano di illuminazione nel rispetto della sicurezza stradale e della
paesaggistica; tali sistemi attiveranno le zone del paese a seconda della circolazione
monitorata a livello tecnologico e automatico; previsto un sistema di spegnimento
automatico nel periodo notturno, laddove non vi è circolazione, per permettere all’uomo un
contatto più ravvicinato con le stelle e la natura consentendo anche agli altri animali minore
stress.
Utilizzo di materiali autoctoni ed ecosostenibili per la realizzazione di pavimentazione e
arredi esterni pubblici, con la contestuale eliminazione di materiali di provenienza non
locale.
Valutazione degli arredi urbani a seconda del contesto storico, con la contemporanea
proposta di installazione di opere d’arte di pubblica e continua fruizione.
Valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico locale, attraverso la proposta di
ristrutturazioni conservative e la realizzazione di visite che possano promuoverne la
bellezza.
Proposta per la realizzazione di pubblicazioni specifiche sui luoghi di interesse culturale,
artistico e storico del territorio.
Piantumazione di vegetazione di natura autoctona e sradicamento della vegetazione
pubblica allogena.
Ridefinizione del piano di segnaletica verticale, nel rispetto del codice della strada e della
sicurezza vigente, attraverso l’eliminazione di cartellonistica superflua e il contestuale
potenziamento della segnaletica orizzontale, sempre nel rispetto dell’armonia visiva. Con lo
stesso spirito, eliminazione della cartellonistica pubblicitaria abusiva, contenimento del
numero delle concessioni e adattamento delle stesse al contesto urbano.
Promozione di una migliore cura e attenzione del territorio, che coinvolga la popolazione
residente prima di qualsiasi voglia intervento urbanistico o architettonico che produca in
maniera permanente un cambiamento; il dialogo con la popolazione residente, permetterà il
miglior sviluppo e la coesione delle scelte ambientali e umane.
Un futuro da reinventare, con meraviglia, in una rivoluzione estetica nel rispetto dell’uomo,
dell’ambientale, del clima e per la giustizia sociale.
Gli scriventi e i firmatati sono infatti convinti che la creazione di un luogo esteticamente migliore
che vive armonicamente con il suo contesto di riferimento storico, paesaggistico e culturale, sia più
idoneo alla vita umana e facci crescere l’individuo in una consapevolezza di sé più compiuta.
Vivere in un paese bello, sarà veicolo di partecipazione maggiore alla vita sociale e al suo sviluppo,
creerà un contesto più ordinato e sicuro, di cui i cittadini avranno rispetto. Le comunità stesse
diverranno così elementi primari dell’armonico processo di elevazione verso una società migliore.
Lunedì 27 settembre 2021, Robecco sul Naviglio (Mi).
Promotore:
Federico Scarioni
Primi firmatari:
Giuseppe Abbati
Giorgio Attila Bertarelli
Alberto Clementi
Francesco Oppi
Federico Scarioni
Emanuele Torreggiani
Dichiarazione
Nell’agosto del 2016 invitai il Professor Vittorio Sgarbi a Mesero (Mi), dove ero assessore alla
Cultura, per celebrare l’avvenuto riconoscimento a “Città” del mio piccolo comune. Sono da
sempre stato affascinato dalle sue lezioni in televisione e la mia passione per l’estetica, la filosofia
estetica in particolare (il mio indirizzo di laurea), mi ha sempre portato a seguire con curiosità le
sue proposte politiche e istituzionali. Per l’evento a Mesero chiesi al Professor Sgarbi di tenere una
lezione sull’arte antica, attraverso un percorso di approfondimento rivolto ad alcuni quadri di
pittori famosi disseminati nel nostro territorio. Partimmo da una tela di Bergamo fino ad arrivare a
La Deposizione di Cristo di Simone Peterzano, che si trova presso la Chiesa di San Giorgio
Martire a Bernate Ticino, comune poco distante da Mesero. La storia vuole che un giovane
Caravaggio collaborò all’opera del Peterzano. Sgarbi volle quindi vedere questo meraviglioso olio
su tavola di tiglio e rimase estasiato anche della chiesa di Bernate Ticino. Concluso il giro
turistico, ci fermammo in un bar, rimasto aperto fino alle 3 di notte quando i proprietari ricevettero
la notizia dell’arrivo del famoso critico d’arte, a mangiare fette di salame e bere una limonata.
Ricordo ancora con gran piacere quel momento. Sgarbi era allora “Assessore alla rivoluzione” del
Comune di Urbino e mi era rimasto molto impresso il suo “partito della bellezza” con cui, anni
prima, si era candidato a un’elezione nazionale e che diventò poi il titolo di un suo libro. D’istinto,
con un po’ di imbarazzo, gli proposi un’idea: “Perché non creiamo a Mesero ed Urbino un
Assessorato all’estetica, una sorta di unione tra gli assessorati all’urbanistica e alla cultura? Così,
forse, eviteremmo tante brutture disseminate nel nostro meraviglioso paese Italia”. Sgarbi alzò gli
occhi, mi guardò sorridendo: “Buona idea, la faremo!”. Fui molto felice del suo placet ma, anche
se non so se lui si ricordi di quel momento, per me fu un’illuminazione. Dopo qualche anno lui
lasciò l’Assessorato di Urbino e io terminai il mio percorso come Assessore di Mesero. Nel 2019,
con le nuove elezioni, mi ricandidai proponendomi come “Assessore all’estetica”, come primo
momento di sperimentazione politico-istituzionale, ma il mio gruppo politico perse per pochi voti.
L’Assessorato all’estetica rimase quindi un “sogno nel cassetto” che ho deciso di estrarre dal
polveroso mobile dei ricordi e riproporre in occasione delle elezioni amministrative del 3 e 4
ottobre 2021, quando andranno al voto numerosi capoluoghi e comuni d’Italia. I primi firmatati di
questo progetto, che con me condividono gli intenti, intendono affermare che lo sviluppo e il
miglioramento della società debbano necessariamente passare attraverso una riflessione estetica
dei luoghi in cui viviamo. Si propone quindi questo modello, un nuovo assessorato, di natura
istituzionale, che risponda a esigenze di sviluppo urbanistico secondo un pensiero culturale ed
estetico di sviluppo del nostro paese Italia. I firmatari propongono quindi un “flash mob” politico,
chiedendo a tutti i neo sindaci insediati di nominare contestualmente e alle elezioni il rispettivo e
primo “Assessore all’estetica” d’Italia.
Federico Scarioni
Il promotore dell’Assessorato all’Estetica, nel rispetto del presente documento di programma e
nell’ottica di un “flash mob politico” indica, a loro insaputa, alcuni candidati al ruolo di Assessori
all’Estetica dei comuni al voto nelle elezioni del 3-4 ottobre 2021.
I seguenti nominativi corrispondono a intellettuali, artisti, più in generale a persone che si sono
contraddistinte per attività legate al “pensiero del bello” e alla conversazione di un pensiero
indipendente:
Manuel Agnelli per Cassinetta di Lugagnano
Antonella Agnoli per Bologna
Gabriele “Red Ronnie” Ansaloni per San Giovanni in Persiceto
Marta Barcaro per Borgo Ticino
Marcello Baraghini per Capalbio
Francesca Battiato per Savona
Anna Benetazzo per Villa Cortese
Cristian “Bugo” Bugatti per Novara
Stefano Boeri per Caravaggio
Marco “Morgan” Castoldi per Arcore
Roberto Cavallo per Pinerolo
Mario Cantella per Val di Nizza
Angelo Piero Cappello per Vittoria
Dino Colombani per Quarna Sotto
Andrea Corona (Propaganda) per San Giuliano Milanese
Mauro Corona per Vajont
Giuseppe Conte (poeta) per Pompeiana
Maurizio Ferraris per Bardonecchia
Silvio Formichetti per Sulmona
Alessandro Gassman per Fiano Romano
Luca Garavaglia per Gallarate
Flaminio Gualdoni per Garlasco
Matteo Guarnaccia per Assisi
Pasquale Leccese per Cisternino
Franco Manzoni per Morterone
Daniela Mena per Nave
Manuel Morandi per Nerviano
Giulio Rapetti (Mogol) per Moniga del Garda
Giampiero Mughini per Caltagirone
Andrea Napoli per Treviglio
Daniele “Bros” Nicolosi per Rho
Dario Olivero per Dairago
Mauro Pagani per Anfo
Aron Pandolfi per Pioltello
Omar Pedrini per Castel Mella
Antonio Carlo Ponti per Bevagna
Patty Pravo per Fossò
Elisa Pozzoli per Domodossola
Vittorio Sgarbi per Roma e primo Ministro dell'Estetica
Maurizio Spada per Milano
Luana Solla per Macugnaga
Carla Sozzani per Orosei
Vasco Rossi per Zocca
Marco Tacchella per Peschiera Borromeo
Cristina Terrani per Gropello Cairoli
Oliviero Toscani per Codogno
Federico Traversa per Portofino
Andrea Villani per Felino
Emanuela Zanetti per Varese
Elisa Zanoni per Lesa
Stefano Zecchi per Caorle
Interview with Floriane Andersen - Locarno 78
Interview © Michele Gavazza 2025 , images courtesy of Floriane Andersen French producer and actor Floriane Andersen is set to make a nota...

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Interview: © Beatrice Gavazza 2025 Photo and Video: © Michele Gavazza 2025 Experience the captivating mural-in-progress live from August ...
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Foto, video e intervista: © Michele Gavazza 2025 Il teatro La Fabbrica di Villadossola ha ospitato un evento straordinario, nell'ambito...
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