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domenica 12 febbraio 2023

Urbansolid - Ghiggini 1822



Foto: Christian Righinetti - Video: Michele Gavazza


Abbiamo avuto l'occasione di assistere alla performance del duo Urbansolid (Riccardo Cavalleri e Gabriele Castellani) impegnati a vandalizzare uno dei loro Mohai presso la galleria Ghiggini 1822 di Varese, durante il vernissage del 11/02/2023 della mostra MOHAI 2022.





















 

venerdì 15 ottobre 2021

Giulio Locatelli - Galleria Ghiggini 1822

 


intervista di Michele Gavazza



Intervista al giovane e talentuoso Giulio Locatelli. L’artista bergamasco in occasione della sua installazione presso la galleria Ghiggini 1822 ha risposto a qualche domanda:

HM: Parlaci un po’ dell'installazione “Fondamenta” realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 di Varese

GL: Fondamenta, un’installazione realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 in occasione della Varese Design Week, si pone l’obiettivo di condurre lo spettatore a perdersi e ritrovarsi quasi fosse all’interno di un labirinto.
Gli elementi costitutivi dell’opera sono appunti, antologie di fatti, raccolte di storie, di favole, di fiabe, di avventure accumulate, che ci conducono all’interno di un viaggio
sognato, desiderato all’interno delle fondamenta di una città ideale.
Un viaggio senza meta, con lo sguardo rivolto all’orizzonte distorto e frammentato da una
serie di puntelli che per proprietà ci invitano in un ambiente in costruzione, forse
pericolante.
Una sorta di cantiere, che altro non è che la traduzione visiva di un’idea in fase di
concretizzazione.
Così come per Teseo il filo di Arianna è divenuto strumento per segnare la strada percorsa
nel labirinto, i fili presenti in Fondamenta diventano strumenti salvifici per ripercorrere il
proprio vissuto, le proprie strade e trovarne così di nuove e, chissà, riuscire così ad uscire
dal labirinto delle Fondamenta.

HM: Il filo è il mezzo espressivo che prediligi, quali sono le caratteristiche che più apprezzi e
quando hai iniziato ad usarlo?

GL: La carta ed il filo sono strumenti materiali che mi aiutano a concretizzare le idee della
mente, che altrimenti prenderebbero freddo.
Il filo ho iniziato a conoscerlo durante il mio percorso accademico. Vengo da una formazione scientifica, pertanto, tutti gli strumenti tecnici del campo artistico erano a me nuovi.
A seguito di un primo approccio importante con la carta fatta a mano, mi sono domandato
cosa sarebbe successo se io avessi iniziato a cucire la mia carta.
Così è iniziato il mio rapporto amoroso con il filo.
In Fondamenta filo e carta danno forma ad una riflessione in merito all’accumulo.
Tale ragionamento ha preso vita a partire dal termine giapponese “tsundoku”, il quale
indica l’abitudine di acquistare libri e di lasciarli sullo scaffale senza mai leggerli, situazione
che spesso ci si trova a vivere.

HM: Da cosa o da chi trai ispirazione?

GL: Non ho un unico riferimento nella mia ricerca, attingo dalle più disparate suggestioni.
Credo che sia una questione di saper cogliere, quasi per caso, come fosse un inciampo,
quell’elemento che ti può smuovere determinati pensieri che concretizzi attraverso il lavoro
artistico.
Attingo da racconti, film, storie passate, artisti che hanno analizzato determinate tematiche,
gli spunti sono molti e forse infiniti, dopo di che si tratta di saper far proprio il lavoro,
attraverso la propria esperienza, conoscenza e vissuto.

HM: Quali saranno i tuoi prossimi progetti?

GL: Parte della mia ricerca artistica pone l’occhio anche sulla tessitura, realizzo FLYING
CARPET, dei veri e propri tappeti volanti, progetti che vedono la partecipazione di più
persone, d’altra parte, i fili, i nodi, i grovigli che compongono i tappeti diventano metafora
delle relazioni instaurate con altri.
Nei mesi appena trascorsi ho avuto la suggestione di far galleggiare sull’acqua un mio
tappeto. Sto realizzando il progetto, dai materiali alla scelta del luogo.
In parallelo sto collaborando con Supestudiolo, curato da Alberto Ceresoli e Carmela Cosco,
alla realizzazione di una mostra nei mesi a venire.





lunedì 22 febbraio 2021

Sara Lautizi - ANAM

 


intervista di Michele Gavazza

Una breve intervista a Sara Lautizi in arte ANAM. La talentuosa pittrice, con all’attivo numerose mostre personali, ha risposto alle domande di Hashtag Magazine.

HM- Come e quando è nata la tua passione per la pittura?
SL- Fin da bambina ho capito di avere il talento nel disegno, facendo delle riproduzioni che vivevo come un gioco e nello stesso tempo provavo piacere nel creare.
Quindi la mia passione non è nata in un momento preciso ma direi che mi ha sempre accompagnato la dote.
Per quanto riguarda la pittura ho iniziato a conoscere le varie tecniche all'istituto d'arte e lì ho appreso che tra le varie tecniche, soprattutto la pittura ad olio,era lo strumento che risuonava meglio col mio essere.

HM- In quale occasione hai pensato che potesse diventare un mestiere?
SL- Ho cominciato a pensare che avrebbe potuto essere il mio lavoro verso i 17 anni.
Più che mestiere avevo capito che questa "maledizione" del fare arte mi avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Verso i 20 anni ho cominciato a vendere i miei primi pezzi e in quel momento avevo una visione dell'artista in costante fase maturativa, come se sapessi delle difficoltà che questo mondo si porta dietro nel vivere solo d'arte. Ora a 30 anni, ho compreso sia a livello razionale che emotivo che è possibile farlo di mestiere con tutte le difficoltà che ne conseguono.

HM- Da cosa trai ispirazione?
SL- L'ispirazione mi nasce dalle varie comprensioni o domande giornaliere portandole su tela. Il processo è molto difficile da spiegare a parole. E' come se in un momento della creazione ci fosse un blackout. All'inizio io artista compongo un'idea progettuale del quadro che voglio svolgere (per esempio: faccio delle bozze dove decido di mettere la figura principale al centro, pensando al colore più giusto da usare e strutturando gli altri elementi che dovrebbero comporre il quadro in modo equilibrato) e poi nel momento della creazione succede quello che io chiamo blackout, la mano che tiene il pennello va "da sola" e tutto quello che prima ho progettato viene stravolto da qualcosa di istintivo, e l'opera si compone da sola. Molto spesso mi stupisco di quello che ho dipinto, come se non fossi stata io a dipingerlo. La creazione per me è un rituale magico perchè a volte il messaggio arriva a me attraverso l'opera e non viceversa.

HM- Come lavora una pittrice nel 2021?
SL- Io personalmente posso dire che in quest'epoca tutto scorre molto velocemente, bisogna fare attenzione a tutto quello che esiste, soprattutto in rete, per poter dare quotazione al mio lavoro. Molto di quello che troviamo secondo me sporca il concetto di arte che ho io, soprattutto riguardo la pittura. L'arte che viene proposta porta spesso con sé l'obiettivo di stupire subito, istantaneamente, come un qualsiasi post sui social in cui tutto è sputato, visto e messo da parte in favore di qualcos'altro che possa sembrare più "originale". C'è poca osservazione, poca ricerca, poca anima. L'analisi di un'opera si sofferma poco sulla narrazione, sulla comunicazione dell'essere umano, con tutte le imperfezioni e peculiarità che ci animano.
Io dipingo ad olio, e già il processo è di per sé molto più lento rispetto ad altre tecniche. Non cerco di fare qualcosa che possa piacere alla massa, ma il mio scopo è essere più limpida possibile nel messaggio che voglio comunicare. Non partecipo a molti progetti che mi vengono proposti perché capisco che non sono veramente interessati a quello che faccio ma sarebbe solamente un'altra medaglia da mettere in bacheca, che ho per altro pagato io.





Interview with Floriane Andersen - Locarno 78

  Interview  © Michele Gavazza 2025 , images courtesy of Floriane Andersen French producer and actor Floriane Andersen is set to make a nota...