intervista di Michele Gavazza
Intervista al giovane e talentuoso Giulio Locatelli. L’artista bergamasco in occasione della sua installazione presso la galleria Ghiggini 1822 ha risposto a qualche domanda:
HM: Parlaci un po’ dell'installazione “Fondamenta” realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 di Varese
GL: Fondamenta, un’installazione realizzata presso la Galleria Ghiggini 1822 in occasione della Varese Design Week, si pone l’obiettivo di condurre lo spettatore a perdersi e ritrovarsi quasi fosse all’interno di un labirinto.
Gli elementi costitutivi dell’opera sono appunti, antologie di fatti, raccolte di storie, di favole, di fiabe, di avventure accumulate, che ci conducono all’interno di un viaggio
sognato, desiderato all’interno delle fondamenta di una città ideale.
Un viaggio senza meta, con lo sguardo rivolto all’orizzonte distorto e frammentato da una
serie di puntelli che per proprietà ci invitano in un ambiente in costruzione, forse
pericolante.
Una sorta di cantiere, che altro non è che la traduzione visiva di un’idea in fase di
concretizzazione.
Così come per Teseo il filo di Arianna è divenuto strumento per segnare la strada percorsa
nel labirinto, i fili presenti in Fondamenta diventano strumenti salvifici per ripercorrere il
proprio vissuto, le proprie strade e trovarne così di nuove e, chissà, riuscire così ad uscire
dal labirinto delle Fondamenta.
HM: Il filo è il mezzo espressivo che prediligi, quali sono le caratteristiche che più apprezzi e
quando hai iniziato ad usarlo?
GL: La carta ed il filo sono strumenti materiali che mi aiutano a concretizzare le idee della
mente, che altrimenti prenderebbero freddo.
Il filo ho iniziato a conoscerlo durante il mio percorso accademico. Vengo da una formazione scientifica, pertanto, tutti gli strumenti tecnici del campo artistico erano a me nuovi.
A seguito di un primo approccio importante con la carta fatta a mano, mi sono domandato
cosa sarebbe successo se io avessi iniziato a cucire la mia carta.
Così è iniziato il mio rapporto amoroso con il filo.
In Fondamenta filo e carta danno forma ad una riflessione in merito all’accumulo.
Tale ragionamento ha preso vita a partire dal termine giapponese “tsundoku”, il quale
indica l’abitudine di acquistare libri e di lasciarli sullo scaffale senza mai leggerli, situazione
che spesso ci si trova a vivere.
HM: Da cosa o da chi trai ispirazione?
GL: Non ho un unico riferimento nella mia ricerca, attingo dalle più disparate suggestioni.
Credo che sia una questione di saper cogliere, quasi per caso, come fosse un inciampo,
quell’elemento che ti può smuovere determinati pensieri che concretizzi attraverso il lavoro
artistico.
Attingo da racconti, film, storie passate, artisti che hanno analizzato determinate tematiche,
gli spunti sono molti e forse infiniti, dopo di che si tratta di saper far proprio il lavoro,
attraverso la propria esperienza, conoscenza e vissuto.
HM: Quali saranno i tuoi prossimi progetti?
GL: Parte della mia ricerca artistica pone l’occhio anche sulla tessitura, realizzo FLYING
CARPET, dei veri e propri tappeti volanti, progetti che vedono la partecipazione di più
persone, d’altra parte, i fili, i nodi, i grovigli che compongono i tappeti diventano metafora
delle relazioni instaurate con altri.
Nei mesi appena trascorsi ho avuto la suggestione di far galleggiare sull’acqua un mio
tappeto. Sto realizzando il progetto, dai materiali alla scelta del luogo.
In parallelo sto collaborando con Supestudiolo, curato da Alberto Ceresoli e Carmela Cosco,
alla realizzazione di una mostra nei mesi a venire.
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