Foto di Gianfranco Iannuzzo
Intervista di Michele Gavazza
HM: Quando è nata l'idea di NOC?
RW: Ero nel settore già da un po' di anni e sentivo la necessità di voler creare una bella “oasi” per gli appassionati, così nel 1997 con il mio ex socio Filiberto Migliore, un esperto di Nikon, abbiamo trovato un piccolo negozio in centro di Milano.
Poi da un piccolo negozio, sempre nella stessa corte, ho aperto una galleria fotografica per dare spazio ai giovani e un altro piccolo spazio dedicato al mondo Leica.
Ho creato così un “ombelico” fotografico nel cuore di Milano, una corte riservata e quasi nascosta, quindi le idee sono nate dal 1995 circa.
Il mio sogno però era di creare un ambiente fotografico, un grande spazio, non solo di vendita, ma di scambio culturale, oggi questo sogno con l’attuale sede è diventato realtà.
La nostra forza e attenzione è verso la cultura fotografica. Mantenere, trasmettere ciò che è stato, aiutare ciò che si affaccia per il futuro.
Oggi le immagini vengono utilizzate facilmente per tanti motivi e ben venga questa facilità tuttavia, se facessimo un passo indietro e facessimo il ragionamento sul "perché vuoi fotografare" e "che rapporto hai e avrai con quella immagine" comprenderemmo che dietro ogni immagine ci deve essere molto di più.
HM: Quali ricordi hai dei primi giorni di NOC?
RW: C’erano tanti negozi specializzati anche a Milano come Fotocamera, Artioli , Centro Foto Cine, Matuella, Photo Discount , Osservatorio ecc. in quei tempi. Non parliamo anche nelle altre città come Roma, Torino ecc. c’erano tanti negozi e tantissimi veri specialisti con grande esperienza e conoscenza, quindi i primi tempi di NOC ho continuato a pensare come diventare uno dei veri punti di riferimento nel settore .
HM quando guardi una fotografia o un lavoro fotografico (mostra, libro) cosa ti colpisce, cosa noti subito?
RW: Cerco di affrontare ogni opera, ogni libro, togliendo ogni pensiero, senza preconcetti, come guardare con gli occhi di un bambino, per ricevere il vero sentimento di chi ha prodotto, se riesco percepire le voci forse come mormorio dei sentimenti significa che in qualche modo sono in sintonia, quindi il mio atteggiamento non è quello di notare ma di cercare di ricevere.
HM: Da NOC negli anni sono passati tantissimi fotografi e molti maestri della fotografia, c'è ancora qualcuno che ti farebbe piacere conoscere?
RW: Ogni incontro con i fotografi è una vera fortuna e un’ arricchimento personale, quindi più famosi o meno non ha nessuna importanza, perché i fotografi professionisti sono coloro che affrontano “la fotografia” con tale serietà e profondità in qualsiasi momento della giornata, perennemente. Logicamente toccare con mano la loro arte mi regala tante informazioni importanti per poter “migliorare” il rapporto personale con questa cultura.
Non sarà possibile ovviamente però mi piacerebbe scambiare due parole con ad esempio: André Kertész, Eugene Smith, Richard Avedon. Fortunatamente ho tanti amici fotografi (giganti della fotografia italiana) che ancora mi raccontano la loro esperienza con questi grandi maestri, in effetti una delle mie gioie è ascoltare dei rapporti di amicizia che i grandi fotografi hanno avuto con i giganti del passato. Ogni loro racconto è un patrimonio preziosissimo da conservare e tramandare in qualche modo.
HM: Sei a Milano dagli anni 80, quali sono i cambiamenti che ti hanno più colpito in questi 40 anni nella città?
RW: Credo che tanti aspetti sono migliorati sicuramente, Milano è diventata una città più Europea sia dal punto di vista strutturale che culturale; ma è altrettanto vero che la standardizzazione di questo tipo le ha fatto perdere identità, comprendo comunque che sia un processo inevitabile. Quello che più dispiace è l’omologazione puoi trovarti a Milano o in altre città del mondo e vedi gli stessi negozi, i soliti oggetti.
Mi ricordo gli anni ‘80 quando si teneva la fiera degli Obei Obei a sant’Ambrogio e arrivavano i rigattieri con oggetti stupendi, e poi la fiera campionaria di quei tempi con tutte le novità mondiali. Negli anni ’80 inoltre ovunque sentivo parlare con forte accento milanese e spesso in dialetto , oggi si sente molto meno.
RW: C’erano tanti negozi specializzati anche a Milano come Fotocamera, Artioli , Centro Foto Cine, Matuella, Photo Discount , Osservatorio ecc. in quei tempi. Non parliamo anche nelle altre città come Roma, Torino ecc. c’erano tanti negozi e tantissimi veri specialisti con grande esperienza e conoscenza, quindi i primi tempi di NOC ho continuato a pensare come diventare uno dei veri punti di riferimento nel settore .
HM quando guardi una fotografia o un lavoro fotografico (mostra, libro) cosa ti colpisce, cosa noti subito?
RW: Cerco di affrontare ogni opera, ogni libro, togliendo ogni pensiero, senza preconcetti, come guardare con gli occhi di un bambino, per ricevere il vero sentimento di chi ha prodotto, se riesco percepire le voci forse come mormorio dei sentimenti significa che in qualche modo sono in sintonia, quindi il mio atteggiamento non è quello di notare ma di cercare di ricevere.
HM: Da NOC negli anni sono passati tantissimi fotografi e molti maestri della fotografia, c'è ancora qualcuno che ti farebbe piacere conoscere?
RW: Ogni incontro con i fotografi è una vera fortuna e un’ arricchimento personale, quindi più famosi o meno non ha nessuna importanza, perché i fotografi professionisti sono coloro che affrontano “la fotografia” con tale serietà e profondità in qualsiasi momento della giornata, perennemente. Logicamente toccare con mano la loro arte mi regala tante informazioni importanti per poter “migliorare” il rapporto personale con questa cultura.
Non sarà possibile ovviamente però mi piacerebbe scambiare due parole con ad esempio: André Kertész, Eugene Smith, Richard Avedon. Fortunatamente ho tanti amici fotografi (giganti della fotografia italiana) che ancora mi raccontano la loro esperienza con questi grandi maestri, in effetti una delle mie gioie è ascoltare dei rapporti di amicizia che i grandi fotografi hanno avuto con i giganti del passato. Ogni loro racconto è un patrimonio preziosissimo da conservare e tramandare in qualche modo.
HM: Sei a Milano dagli anni 80, quali sono i cambiamenti che ti hanno più colpito in questi 40 anni nella città?
RW: Credo che tanti aspetti sono migliorati sicuramente, Milano è diventata una città più Europea sia dal punto di vista strutturale che culturale; ma è altrettanto vero che la standardizzazione di questo tipo le ha fatto perdere identità, comprendo comunque che sia un processo inevitabile. Quello che più dispiace è l’omologazione puoi trovarti a Milano o in altre città del mondo e vedi gli stessi negozi, i soliti oggetti.
Mi ricordo gli anni ‘80 quando si teneva la fiera degli Obei Obei a sant’Ambrogio e arrivavano i rigattieri con oggetti stupendi, e poi la fiera campionaria di quei tempi con tutte le novità mondiali. Negli anni ’80 inoltre ovunque sentivo parlare con forte accento milanese e spesso in dialetto , oggi si sente molto meno.
NOC - Lo staff con le famiglie in viaggio in Sicilia
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