Intervista all’architetto e designer Anita Morvillo
HM: Puoi raccontarci qualcosa del lavoro presentato al Superstudio?
AM: L’installazione ArchDesign ideata per lo spazio espositivo di Superstudio Maxi è
composta da cinque corpi scultorei luminosi. Tali oggetti sono prodotti
manualmente da me stessa mediante una tecnica artigianale il cui principio di
manifattura è di natura tessile con l’utilizzo di filamento metallico.
Attraverso la mera tecnica di giustapposizione e sovrapposizione di moduli
reticolari rigidi ottenuti mediante tessitura prendono vita corpi traslucidi,
tridimensionali, caratterizzati da illusionismo. Ho concepito l’installazione
ArchDesign al fine di presentare cinque corpi luminosi e la loro relazione reciproca
e con lo spazio espositivo, mediante rapporti proporzionali e di misura. Le cinque
strutture si presentano come scheletri portanti, invocando l’immagine di strutture
architettoniche di alcuni grattacieli. In tale fascinazione dimostrò una mia
consapevolezza e conoscenza in campo architettonico e strutturale, la quale deriva
dagli studi in architettura condotti. Nelle mie sculture il concetto di forma non si
fonda su principi estetizzanti ma deriva dal funzionamento meccanico di una
struttura. Gli oggetti sono il risultato di un processo di costruzione concepito a
partire dalle specifiche qualità fisiche dell’acciaio in forma di filamento e dalla
necessità di dar vita a strutture che possano stare in piedi da sole esattamente
come edifici. L’installazione ArchDesign proposta è stata concepita per permettere
al visitatore di fare esperienza di tali sculture luminose ponendosi in un confronto
fisico diretto con quest’ultime grazie all’affinità di proporzioni tra le dimensioni
dell’oggetto stesso e le misure del corpo umano di colui che ne farà esperienza.
Inoltre, la complessità generata dalla tridimensionalità e l’illusionismo del manufatto
implicano una conoscenza di quest'ultimo non solo attraverso il corpo ma anche
attraverso gli occhi della mente, invocando quindi la facoltà dell’intelletto. A tali
concezioni è associato l’attento studio della luce naturale e artificiale, concepita non
come mero elemento funzionale di pura illuminazione, ma come parte integrante
nell’elaborazione artistica del manufatto. La luce è lo spirito stesso del corpo
metallico, si rivela come l’anima che fa brillare lo stesso, nella percezione di un
sentore di vita.
HM: Come funziona, a grandi linee, la tessitura del filo metallico?
AM: Da un punto di vista tecnico il metodo di lavorazione consiste in un processo di
tessitura che ho inventato utilizzando filamenti di ferro e acciaio. Il processo di
tessitura è preceduto da un processo di irrigidimento dei filamenti metallici, poiché
utilizzo fili di diametro inferiore al millimetro e che quindi sono reperibili solo sotto
forma di rocchetto. Dopo questo procedimento pratico una sorta di tessitura,
utilizzando filamenti irrigiditi e creo moduli in forma di frammenti di un tessuto
metallico rigido che successivamente assemblo per giustapposizione e
sovrapposizione per dare vita ad un corpo tridimensionale e complesso.
HM: Da cosa trai ispirazione?
AM: Ciò da cui mi sento più attratta quando mi guardo intorno per trovare ispirazione è il
concetto di struttura. Quest’ultima è da me concepita come intelaiatura portante
spesso nascosta ma presente in ogni cosa intorno a noi: dalla struttura che
contraddistingue un edificio allo scheletro che contraddistingue un organismo
vivente come quello delle specie animali e vegetali. Una struttura è per me
estremamente affascinante sia per la complessità del suo funzionamento sia per
quanto riguarda le sue forme. Le due lampade gemelle Liquid Mass I e Liquid Mass
II ad esempio sono il risultato di uno studio formale di tre diverse specie di
Siphonophorae, specie di Medusae comunemente chiamate Meduse,
accuratamente riportate attraverso disegni di dettaglio dallo zoologo e artista Ernst
Haeckel nel libro Kunstformen der Natur, 1904. Tali rappresentazione io stessa ho
ridisegnato nell’ordine per assorbire principi formali, proporzioni e comportamenti.
Inoltre le cinque strutture che costituiscono l’installazione si presentano come
scheletri portanti, invocando l’immagine di strutture architettoniche di alcuni
grattacieli. La purezza delle forme che contraddistinguono le due lampade
scultoree gemelle Liquid Mass I e Liquid Mass II si ispira alle forme eleganti e
raffinate dell’utopico grattacielo di Vetro di Mies van der Rohe, osservato da
Friedrichstraße a Berlino. La perfezione delle forme geometriche triangolari e
quadrangolari che risalta nella complessa visione d’insieme della lampada X-Ray è
ispirata dal disegno dei piani degli appartamenti e uffici della Price Tower di Frank
Lloyd Wright a Bartlesville, Oklahoma. Da ultimo esempio Il significato del tubo
prismatico, che trapassa quasi violentemente la sottile membrana, della lampada
Aulosphaera Elegantissima, è anche di natura strutturale e trova la sua ispirazione
nel pilastro inclinato che irrompe nell’Auditorium Plantahof di Landquart, in
Svizzera, di Valerio Olgiati. Da un punto di vista teorico invece i miei oggetti sono
ispirati ad alcuni temi relativi alle nozioni di spazio, materialità, tridimensionalità,
appartenenti alle concezioni artistiche della corrente del Minimalismo Americano,
con particolare riferimento al saggio: "Specific Objects" di Donald Judd
che ho studiato appassionatamente durante gli anni in cui ero studentessa.
HM: Tra architettura e design in quale ambito ti senti più a tuo agio?
AM: Non credo io possa essere in grado di rispondere a questa domanda in modo
esaustivo. Essendo ancora giovane non ho ancora praticato la professione di
Architetto in modo completo e sufficientemente professionale per poter definire una
mia posizione nei riguardi di ciò che è l’Architettura. Posso solo dire che studiare
Architettura è stato per me un percorso formativo di estrema complessità,
arricchimento, scoperta e passione, anche grazie alla qualità di insegnamento
dell’Accademia di Architettura di Mendrisio. La materia architettonica è
contraddistinta da pragmatismo o poesia ed è per questo motivo che è e sarà
sempre parte di me stessa, perchè in fondo anche io sono così. Il motivo per cui mi
sono affacciata all’ambito del design è stato perchè il mio desiderio più grande era
costruire, in modo diretto e completo, con le mie mani e la mia mente. Il costruire
oggetti di design mi ha dato la possibilità quindi di applicare regole architettoniche
in scala più piccola, quella dell’oggetto. Quello che forse sento non appartenermi di
ciò che contraddistingue la realtà della materia architettonica e degli uffici di
architettura oggi giorno è l’eccessivo utilizzo di strumenti digitali, i quali credo, se
eccessivamente utilizzati sono in grado di compromettere la potenza immaginativa
e creativa di un artista, designer, o architetto.