giovedì 30 settembre 2021

Anita Morvillo - light design


 intervista di Michele Gavazza

Intervista all’architetto e designer Anita Morvillo 


HM: Puoi raccontarci qualcosa del lavoro presentato al Superstudio?

AM: L’installazione ArchDesign ideata per lo spazio espositivo di Superstudio Maxi è

composta da cinque corpi scultorei luminosi. Tali oggetti sono prodotti

manualmente da me stessa mediante una tecnica artigianale il cui principio di

manifattura è di natura tessile con l’utilizzo di filamento metallico.

Attraverso la mera tecnica di giustapposizione e sovrapposizione di moduli

reticolari rigidi ottenuti mediante tessitura prendono vita corpi traslucidi,

tridimensionali, caratterizzati da illusionismo. Ho concepito l’installazione

ArchDesign al fine di presentare cinque corpi luminosi e la loro relazione reciproca

e con lo spazio espositivo, mediante rapporti proporzionali e di misura. Le cinque

strutture si presentano come scheletri portanti, invocando l’immagine di strutture

architettoniche di alcuni grattacieli. In tale fascinazione dimostrò una mia

consapevolezza e conoscenza in campo architettonico e strutturale, la quale deriva

dagli studi in architettura condotti. Nelle mie sculture il concetto di forma non si

fonda su principi estetizzanti ma deriva dal funzionamento meccanico di una

struttura. Gli oggetti sono il risultato di un processo di costruzione concepito a

partire dalle specifiche qualità fisiche dell’acciaio in forma di filamento e dalla

necessità di dar vita a strutture che possano stare in piedi da sole esattamente

come edifici. L’installazione ArchDesign proposta è stata concepita per permettere

al visitatore di fare esperienza di tali sculture luminose ponendosi in un confronto

fisico diretto con quest’ultime grazie all’affinità di proporzioni tra le dimensioni

dell’oggetto stesso e le misure del corpo umano di colui che ne farà esperienza.

Inoltre, la complessità generata dalla tridimensionalità e l’illusionismo del manufatto

implicano una conoscenza di quest'ultimo non solo attraverso il corpo ma anche

attraverso gli occhi della mente, invocando quindi la facoltà dell’intelletto. A tali

concezioni è associato l’attento studio della luce naturale e artificiale, concepita non

come mero elemento funzionale di pura illuminazione, ma come parte integrante

nell’elaborazione artistica del manufatto. La luce è lo spirito stesso del corpo

metallico, si rivela come l’anima che fa brillare lo stesso, nella percezione di un

sentore di vita.


HM: Come funziona, a grandi linee, la tessitura del filo metallico?

AM: Da un punto di vista tecnico il metodo di lavorazione consiste in un processo di

tessitura che ho inventato utilizzando filamenti di ferro e acciaio. Il processo di

tessitura è preceduto da un processo di irrigidimento dei filamenti metallici, poiché

utilizzo fili di diametro inferiore al millimetro e che quindi sono reperibili solo sotto

forma di rocchetto. Dopo questo procedimento pratico una sorta di tessitura,

utilizzando filamenti irrigiditi e creo moduli in forma di frammenti di un tessuto

metallico rigido che successivamente assemblo per giustapposizione e

sovrapposizione per dare vita ad un corpo tridimensionale e complesso.


HM: Da cosa trai ispirazione?

AM: Ciò da cui mi sento più attratta quando mi guardo intorno per trovare ispirazione è il

concetto di struttura. Quest’ultima è da me concepita come intelaiatura portante

spesso nascosta ma presente in ogni cosa intorno a noi: dalla struttura che

contraddistingue un edificio allo scheletro che contraddistingue un organismo

vivente come quello delle specie animali e vegetali. Una struttura è per me

estremamente affascinante sia per la complessità del suo funzionamento sia per

quanto riguarda le sue forme. Le due lampade gemelle Liquid Mass I e Liquid Mass

II ad esempio sono il risultato di uno studio formale di tre diverse specie di

Siphonophorae, specie di Medusae comunemente chiamate Meduse,

accuratamente riportate attraverso disegni di dettaglio dallo zoologo e artista Ernst

Haeckel nel libro Kunstformen der Natur, 1904. Tali rappresentazione io stessa ho

ridisegnato nell’ordine per assorbire principi formali, proporzioni e comportamenti.

Inoltre le cinque strutture che costituiscono l’installazione si presentano come

scheletri portanti, invocando l’immagine di strutture architettoniche di alcuni

grattacieli. La purezza delle forme che contraddistinguono le due lampade

scultoree gemelle Liquid Mass I e Liquid Mass II si ispira alle forme eleganti e

raffinate dell’utopico grattacielo di Vetro di Mies van der Rohe, osservato da

Friedrichstraße a Berlino. La perfezione delle forme geometriche triangolari e

quadrangolari che risalta nella complessa visione d’insieme della lampada X-Ray è

ispirata dal disegno dei piani degli appartamenti e uffici della Price Tower di Frank

Lloyd Wright a Bartlesville, Oklahoma. Da ultimo esempio Il significato del tubo

prismatico, che trapassa quasi violentemente la sottile membrana, della lampada

Aulosphaera Elegantissima, è anche di natura strutturale e trova la sua ispirazione

nel pilastro inclinato che irrompe nell’Auditorium Plantahof di Landquart, in

Svizzera, di Valerio Olgiati. Da un punto di vista teorico invece i miei oggetti sono

ispirati ad alcuni temi relativi alle nozioni di spazio, materialità, tridimensionalità,

appartenenti alle concezioni artistiche della corrente del Minimalismo Americano,

con particolare riferimento al saggio: "Specific Objects" di Donald Judd 

che ho studiato appassionatamente durante gli anni in cui ero studentessa.


HM: Tra architettura e design in quale ambito ti senti più a tuo agio?

AM: Non credo io possa essere in grado di rispondere a questa domanda in modo

esaustivo. Essendo ancora giovane non ho ancora praticato la professione di

Architetto in modo completo e sufficientemente professionale per poter definire una

mia posizione nei riguardi di ciò che è l’Architettura. Posso solo dire che studiare

Architettura è stato per me un percorso formativo di estrema complessità,

arricchimento, scoperta e passione, anche grazie alla qualità di insegnamento

dell’Accademia di Architettura di Mendrisio. La materia architettonica è

contraddistinta da pragmatismo o poesia ed è per questo motivo che è e sarà

sempre parte di me stessa, perchè in fondo anche io sono così. Il motivo per cui mi

sono affacciata all’ambito del design è stato perchè il mio desiderio più grande era

costruire, in modo diretto e completo, con le mie mani e la mia mente. Il costruire

oggetti di design mi ha dato la possibilità quindi di applicare regole architettoniche

in scala più piccola, quella dell’oggetto. Quello che forse sento non appartenermi di

ciò che contraddistingue la realtà della materia architettonica e degli uffici di

architettura oggi giorno è l’eccessivo utilizzo di strumenti digitali, i quali credo, se

eccessivamente utilizzati sono in grado di compromettere la potenza immaginativa

e creativa di un artista, designer, o architetto.











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